domenica 1 maggio 2011

Capperi, che ragazzi a PANTELLERIA .................


GLI STUDENTI DELL’ALMANZA ALLA RICERCA DELLA LEGALITÀ PERDUTA DI QUEST’ITALIA

il giorno domenica 1 maggio 2011 alle ore 17.19
di Nando Dalla Chiesa (il Fatto Quotidiano)

Mentre a Roma si smonta la legalità, a Pantelleria si discute su come realizzarla.

Eccolo qui il paradosso di un mattino di scirocco passato sotto un tendone a settanta chilometri dalla Tunisia.
I luoghi del potere che disfano le leggi, e questo lembo estremo di Italia, il più vicino all’Africa, impegnato a difenderle.
Mentre i suoi abitanti fanno a gara a offrire ospitalità, cibo, vestiti e assistenza medica ai duecento tunisini arrivati avventurosamente sotto Pasqua, quattro giorni di viaggio e di paura.
Il tendone è verde e bianco e il vento smanaccia ogni tanto gli ingressi e le bandiere dentro.
Immagini del Cristo ovunque, ora solenni ora infantili, a ricordare che questo per un po’ di mesi è anzitutto luogo di preghiera, poi, quando la chiesa sarà a posto, si vedrà. Circa duecento ragazzi dell’Istituto statale onnicomprensivo “Almanza”.
Vari indirizzi di scuola superiore ma anche medie inferiori.

Il sindaco Alberto Di Marzo, con cappellino d’accoglienza “Pantelleria libera”, il preside Francesco Pavia, la presidentessa del Lions club di Pantelleria Emilia Culoma.
Le divise dello Stato, che qui sono Carabinieri e Marina.
E, dietro, un progetto ispirato, anzi fortemente voluto da una giovane insegnante di religione, Stefania Bongiorno, di Castelvetrano e con dottorato di ricerca alla Facoltà teologica di Palermo ma con incarico part-time sull’isola.

Tutto è irrituale, a pensarci.
L’avamposto italiano nel Mediterraneo, sei ore di navigazione da Mazara del Vallo.
La presidentessa di un Lions, impegnata nell’Aido, l’associazione dei donatori di organi, in ricordo del figlio sedicenne, e un’insegnante di religione (scelta dalla diocesi e per giunta pendolare…) che fanno da battistrada alla legalità dello Stato. Ragazzi che, appena cresciuti, cercheranno di andar lontano.

Nessuno sa che cosa faranno dopo. Un seme, intanto gettiamo un seme, dicono gli insegnanti.

Davvero testarda questa scuola italiana, e forse è per questo che viene spontaneo raccontarla una volta di più.




TESTARDA in questa sua idea di promuovere la Costituzione, nonostante i tempi e le mode. E di “inculcare” così negli studenti, come va denunciando il premier, valori diversi da quelli delle famiglie di appartenenza.
Testarda per la determinazione con cui continua a fare tutto questo anche di fronte ai tagli.
“Io ho portato i miei studenti nell’aula bunker di Palermo per l’anniversario di Falcone”, spiega Maritella Barracco, insegnante alle medie.
“E siccome non avevamo fondi sa che cosa ho fatto?
Ai ragazzi che avevo con me ho pagato io la cena e poi li ho ospitati tutti nella mia casa di Mazara del Vallo”.
Volti di un’Italia lontana, sconosciuta, che fa cose eccezionali ma che non vedrete mai nei talk show televisivi.
I ragazzi raccontano e chiedono.
Indovini su molte labbra le prime pelurie, su molti occhi i primi rimmel e ombretti inesperti.




Michele ha le mani che gli tremano quando legge ai compagni il racconto della sua partecipazione al premio di giornalismo scolastico Mauro Rostagno.
Ilaria chiede perché della mafia si parla sempre al passato. Andrea vorrebbe sapere, a nome di un gruppetto di suoi compagni, che cosa sia esattamente la mafia; e poi che cosa la distingua dalla ‘ndrangheta e dalla camorra.
C’è chi chiede se i mafiosi comandano ancora in carcere, se è vero che pasteggiano ancora ad aragoste, visto che qualcuno che si fa corrompere lo trovano sempre. Parlano Tiziana e (con più timidezza) Marika.
Parla Clara.
Scrosciano applausi quando si ricorda che il fulcro della lotta alla mafia sta nel garantire come diritti quelli che la mafia dà come favori. Si appassionano anche gli insegnanti.
Domande sulle fiction televisive, ma anche sulla mafia in Lombardia.
Tutto sommato qui si è sempre pensato che la mafia nasca dalla disoccupazione giovanile. Ma come diavolo fa ad attecchire dove c’è benessere, dove c’è lavoro?
È un grande catino di umori, di interessi, di atteggiamenti, nei quali occorrerebbe metter mano ogni giorno con amore e con pudore.
L’AMORE e il pudore che si impossessano magicamente di tutti quando prende la parola Susanna, terza media.
Susanna ha il viso magro e scintillante, gli occhiali a rettangolo, i capelli tirati indietro. Legge la sua domanda.
Dice che, visto quel che sta succedendo nel nord Africa, “oggi che sono cresciuta, penso e apprezzo il fatto che a 4 o 5 anni sono arrivata clandestinamente in Italia, perché capisco la scelta dei miei di farmi vivere in un Paese dove si può parlare ma non si parla”. Dice di avere visto morire gente per la libertà e di ammirarla.
E si chiede che speranza c’è se anche i capi degli Stati hanno atteggiamenti mafiosi. Se sanno delle organizzazioni criminali che gestiscono i viaggi illegali ma non fanno nulla per fermarli.
Susanna è nata al Cairo.
Un applauso spontaneo la sommerge e lei scappa fuori dal tendone a piangere un vissuto che si può solo intuire.
Pantelleria è luogo dove costruire legalità è più difficile. Primo approdo per i venti della storia, ma lontani da chi ti può aiutare.



Anche se le buone leggi dello Stato per fortuna funzionano anche qui.
Ieri era l’anniversario, il ventinovesimo, dell’assassinio di un grande italiano-siciliano, Pio La Torre.
La sua legge, ha ricordato il sindaco, farà del bene anche a Pantelleria.
Il terreno confiscato al boss Francesco Pace, sotto l’aeroporto, avrà destinazione sociale.
Forse in un progetto sport e legalità.

Sono i segni (e i semi…) di una storia faticosa che non si è fermata.
Incontrandosi ogni volta con le prime pelurie e i primi ombretti inesperti di nuovi adolescenti.